La PRIGIONE della “POVERTÀ”
Un pomeriggio in visita al carcere minorile di Bari
di Teresa Alicino e gruppo Giovanissimi
Nel mese scorso di novembre il gruppo di noi giovanissimi della parrocchia Madonna della Grazia, accompagnati dai nostri educatori e Don Vincenzo Del Mastro, abbiamo deciso di vivere un momento di comunità in modo un po’ differente rispetto all’ordinario: trascorrendo il pomeriggio con i ragazzi del carcere minorile di Bari.
È importante precisare il significato profondo di questa scelta: in quel giorno, infatti, ricorreva la VI Giornata Mondiale dei Poveri, ricorrenza molto sentita sia dalla comunità che dai ragazzi stessi.
Se pur con un inizio impacciato e di timore verso l’ignoto, noi giovani abbiamo trascorso un momento tranquillo in compagnia dei ragazzi carcerati che ci hanno accolto con simpatica convivialità. Quelle “ore d’aria”, così definite dai ragazzi del carcere, non erano solo fatte di svago tra calcio balilla, merenda,
battute e partitelle a calcetto, ma erano momenti pregni di significato per tutti i presenti; era infatti percepibile la connessione tra noi giovani, alimentata dalla curiosità che nutrivamo l’uno verso l’altro: volevamo conoscerci, volevamo sapere, volevamo sentirci tutti liberi indifferentemente dal luogo o da
chi era di fronte a noi. Dimenticando le pene da scontare, mettendo da parte per un po’ di tempo i peccati commessi, i ragazzi del carcere sono riusciti ad aprirsi nei nostri confronti e anche dei nostri educatori, raccontando la loro esperienza all’interno di quell’ambiente e di come loro vivono la loro vita lì dentro. Forte è stato il divario percepito tra i diversi stili di vita di noi giovanissimi e dei ragazzi del carcere, ma altrettanto significativo è stato ciò che la condivisione di questi momenti ha lasciato ad
entrambe le parti. È infatti facile pensare a vivere la propria vita, indisturbati, abituati alla nostra consolante monotonia che non si scorge mai verso la vita degli altri, che pensa egoisticamente solo ai problemi che ci riguardano senza mai domandarsi “Ma anche gli altri soffrono, sbagliano come me? Anche gli altri hanno bisogno di una mano, di una spalla su cui poggiarsi, di un abbraccio in cui
consolarsi?”. È questo che i ragazzi hanno imparato, il vero fine di questa esperienza: dedicarsi all’altro, aiutare il prossimo, consolare il “povero”; perché poveri siamo tutti noi: pensiamo di essere un coccio di vetro spigoloso e informe, capace di tagliare e di spezzarsi al minimo urto, abbandonati lì sul crespo asfalto che non può far altro che distruggerci; invece siamo, sì cocci di vetro, ma mai destinati ad essere distrutti, destinati invece ad essere modellati dalle dolci onde del mare, trasportati dalla morbidezza che eliminerà i nostri spigoli, permettendo anche alle mani più fragili di accoglierci senza alcuna sofferenza.
È questo il messaggio che noi giovanissimi vogliamo lasciare a tutti i giovani della diocesi: impariamo a donare, impariamo a donarci, rivolgiamo le nostre attenzioni non solo verso noi stessi, ma verso tutti coloro che hanno bisogno. Dissetiamoci del vero amore del Signore, la carità, dell’amore verso il prossimo, liberiamoci dalla prigione della “povertà”, perché noi fratelli e sorelle siamo quel mare che ci plasma per vivere in libertà.


